3ViTre Archivio di Polipoesia


Enzo Minarelli
visto da Paul Zumthor

Dal linguaggio articolato, risalire a quell’energia che la sottende, intraprendere uno sforzo veramente vitale per captare ciò che c’è nell’opera durante la genesi delle parole e delle frasi: un qualcosa d’indefinibile, udibile pertanto tangibile, penetrante, perfettamente concreto. Tale è la polipoesia di Enzo Minarelli, rivendicazione di totalità, dentro la libertà ontologica dei suoni; tenace volontà di suscitare un altro linguaggio; l’esplosione consonantica di Con sonanti ne sarebbe la prima manifestazione mentre lo strozzamento finale di Figure poem ne potrebbe essere l’emblema. Più che distruggere la parola, si tratta di padroneggiarla allo scopo di creare, sulla sua sconfitta, un’altra cosa che sia in grado di dire, senza sotterfugi, ciò che noi siamo. Dominare la parola attraverso la voce che la regge, l’ingloba e la scavalca. Coscienza corporale primordiale, la voce abbraccia sia il detto che il non-detto. Fonemi, sillabe, parole, le stesse frasi, tutto il materiale linguistico vi si immerge e ne attinge un potere di certo estraneo alla sua semplice forza d’uso. Ogni motivo è valido per spezzare le strutture carcerali dell’idioma comune, e aprirlo alla sua profonda verità: scomposizione-ricomposizione delle sillabe, con rottura dei ritmi (Rime in ò/ì), riduzione dei discorsi al solo pronome laddove s’affrontano, prima di ogni significato, le nostre solitudini (People), strepitosamente polifonico di sonorità lessicali (Regina), ondeggiamenti accentuali (Accenti). Talora, al di là dei limiti oltrepassati, si riforma una frase, spuntata dal nulla, di certo fuori della portata della linguistica (Poems in word). Qualunque sia il piano d’azione scelto, le tecniche di Minarelli comportano sempre un elemento di ripetizione, di ipersaturazione ricorrente, di iperdeterminazione quantitativa, e improvvisamente è la qualità che si trasforma, come in (Monòstico). La polipoesia risale così la genealogia della parola fino allo stadio infra-semantico diesaltazione della voce, all’istante in cui questa emana puro respiro, nella sua pienezza psico-fisiologica. Così riprende fiato, al limite di un’apparente disintegrazione, una meta-musica, alla quale risponde un ascolto finalmente libidinale, privo del metro comune delle nostre percezioni abitudinarie, snaturate da millenni di retorica. (esempio: Voyeur) Da qui l’intervento delle cose, come aspirate da questo vuoto salvatore e che contribuiscono, al di fuori di ogni convenzione, a risemantizzare le nostri voci (Bread&water poems; Dialogo d’amore tra un microfono e un elastico; Ode all’asta) Allora, un mondo nuovo comincia ad essere.

Paul Zumthor


© Copyright 1996 by 3ViTre Archive of Polypoetry - All rights reserved
© Copyright 1996 di 3ViTre Archivio di Polipoesia - Tutti i diritti riservati